“I cammini differiscono, ma conducono alla stessa meta” (Trattato di bianco e nero)
Il successo del buddhismo in Cina tra il II e il VI secolo provocò reazioni diverse tra i letterati cinesi: da un lato, daoisti e confuciani si unirono per volgersi contro quella che consideravano una religione barbara, dall’altro si levarono le prime voci che sostenevano che “le tre dottrine non fanno che una” (sanjao heyi).
A partire dalla metà del XVI secolo, si realizzò una sintesi delle “Tre scuole”, in cui la crescita spirituale e il principio della reciprocità contarono più della norma dottrinale. Alcuni dotti si dedicarono alla pratica introspettiva o a metodi occulti per sperimentare l’illuminazione, mentre la gente comune sceglieva di volta il volta a quale sacerdote rivolgersi. Le Tre scuole costituivano dunque un’alternativa dottrinale compiuta ed erano sprovviste di clero e di scritture canoniche.
“Ogni religione della terra ha il suo insegnamento religioso, così che tutti i viventi possano essere condotti misteriosamente alla salvezza” (Decreto imperiale di Tang Taizong del 638 d.C.)
Le religioni monoteiste provenienti dall’Asia occidentale si distinguono in modo sostanziale dalle tre grandi scuole di pensiero orientali presenti nella Cina antica, che in origine non conoscono il concetto di fede, ma insegnano la via della salvezza. Come il buddhismo, così il cristianesimo nestoriano, il manicheismo, lo zoroastrismo e, a partire dalla fine del VII secolo, l’islam giunsero attraverso la “Via della seta” in Cina settentrionale.
Il manicheismo, una religione eclettica con elementi provenienti dal cristianesimo, dallo zoroastrismo e dal buddhismo, s’introdusse nell’ideologia di alcune società segrete nel periodo Song. Sotto gli Yuan l’islamismo era ancora professato prevalentemente dagli stranieri, ma in seguito s’inserì nella società cinese soprattutto a nord, dove la mescolanza tra musulmani e cinesi Han nacque la popolazione Hui.