Non c’è Buddha né Dharma né addestramento né realizzazione” (Linji Yixuan)
Sviluppatasi nell’alveo della tradizione del chan meridionale, la scuola linji ha finito con il prevalere fra le scuole in cui si era frazionato l’insegnamento dopo la morte del sesto patriarca, Huineng (638-713). Quello del linji era un chan radicale che rigettava sia i testi e gli insegnamenti legati alla tradizione indiana sia i classici cinesi, considerandoli un intralcio all’intuizione fulminante dell’illuminazione.
La scuola linji fondava i propri insegnamenti sul concetto di risveglio improvviso, uno stato di illuminazione da raggiungere per mezzo di tecniche a volte anche dure ,come l’uso di colpi di bastone e di urla, metodi dinamici caratteristici del fondatore da cui prese il nome, l’energico maestro Linji Yixuan (in giapponese Rinzai Gigen), morto nel 867, una delle figure maggiori del chan.
A partire dall’epoca Song (960-1279) le pratiche del linji incorporarono anche l’utilizzo del gong’an (in giapponese koan), un tema di meditazione spesso astruso, posto dal maestro all’allievo per scardinare il pensiero logico e riportarne lo spirito alla capacità di pura intuizione, considerato come mezzo utile per raggiungere l’illuminazione subitanea. Nel linji confluirono due insegnamenti centrali del chan: il concetto che la natura -di-Buddha è immanente in ogni essere, e quindi universale, e l’idea che questa natura è vuota, pura e libera da contaminazioni.
In Giappone l’insegnamento del linji verrà introdotto da Eisai e prenderà il nome di rinzai.
Per il maestro Linji la natura-di-Buddha, che egli chiama “l’uomo vero”, non va cercata, è sotto ai nostri occhi e il realizzarla non richiede sforzo alcuno, ma solo l’attenersi alle cose ordinarie, come vestirsi e mangiare , evitando il pericolo dell’attaccamento alle apparenze, che impedisce la comprensione della non-dualità del mondo fenomenico.
Eccolo perciò affermare: “Se incontri il Buddha, uccidilo! Se incontri un patriarca, uccidilo!”