Secondo la cosmogonia vedica l’universo fenomenico si regge sulla legge di causa-effetto, la quale agisce non solo sugli oggetti fisici ma anche sui fenomeni più impercettibili del mondo psichico. Secondo questa legge infatti, definita legge del karma, ad ogni azione, positiva o negativa, segue una reazione dello stesso segno che l’autore attira su di sé di vita in vita. Dunque la legge del karma o della indefettibile remunerazione delle azioni, dirige l’essere spirituale, ontologicamente immortale, nella sua trasmigrazione di corpo in corpo, determinando le condizioni della rinascita, della forma mentis e della vita futura.
Derivato dalla radice kri-, “fare”, il termine karma significa letteralmente “atto, azione” ed indica la dottrina per cui ogni atto genera effetti che provocano la necessità di rinascere più volte: il ciclo delle nascite e morti ripetute è chiamato samsara, letteralmente “passaggio, trasmigrazione” cioè “giro, ciclo delle rinascite”.
“Come l’anima incarnata passa, in questo corpo, dall’infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l’anima passa in un altro corpo all’istante della morte. La persona saggia non è turbata da questo cambiamento” (Bhagavad-gita II, 13)
I testi della sapienza indovedica spiegano che la morte non è un’interruzione o addirittura una cessazione della vita, ma semplicemente una delle innumerevoli tappe nel viaggio della vita, un viaggio infinito ed affascinante.
La trasmigrazione si rivela necessaria perché l’uomo può essersi talmente identificato e racchiuso nei suoi schemi, nelle sue convinzioni nei suoi condizionamenti, da rendere indispensabili esperienze psicofisiche nuove, che rinvigoriscano la tensione evolutiva.
Nel contesto filosofico e psicologico il termine karma include anche il concetto di reazione, che si innesca in risposta all’azione precedentemente compiuta dal soggetto.
La dinamica dell’azione nasce da forze situate nella sfera inconscia a cui l’io non ha generalmente accesso: in sanscrito tale zona della mente profonda è chiamata karmashaya.
Perfetti conoscitori della mente umana, gli antichi saggi vedici sapevano vedere le conseguenze dell’azione, nell’azione stessa e ancora prima nella motivazione che la genera.