Grande importanza si deve dare ai sutra di riferimento della scuola zen, nella consapevolezza che il rifiuto di ascrivere ai testi sacri i propri insegnamenti resta una delle caratteristiche fondamentali dello Zen, senza con questo nascondere che la frequentazione e l’utilizzo dei testi è comunque presente nella pratica religiosa quotidiana e nelle cerimonie.
l termine Zen è altamente evocativo. Nell’immaginario europeo e americano ha assunto connotazioni estranee al mondo del sacro, ma che molto devono a mode estemporanee, retaggio forse della passata ricezione istintuale e poco rigorosa dal punto di vista scientifico di un messaggio che è prima di tutto un insegnamento religioso. Da un nome proprio di una corrente del buddhismo, il termine Zen è diventato così un attributo atto a definire una molteplicità di oggetti, comportamenti, stili di vita, estranei a una dottrina religiosa di straordinaria ricchezza e pregnanza, sminuendone di riflesso la portata, annichilendone le prospettive. Si tratta di superare i fraintendimenti, e di fare chiarezza su un termine abusato per restituire lo Zen alla sua natura di dottrina di ricchezza e originalità tali da meritare una trattazione a sé, pur rientrando nel novero delle scuole buddhiste.
Significato del termine
Il termine zen riproduce la pronuncia giapponese del cinese chan e dà il nome alla scuola buddhista che in Giappone ha ripreso e sviluppato dottrina e pratiche dell’analoga scuola cinese.
L’introduzione delle dottrine del chan in Giappone avvenne per gradi grazie ai monaci cinesi e ai viaggi di studio dei monaci giapponesi presso i monasteri in Cina.
Già nel VIII secolo gli insegnamenti della scuola Shenxui furono portati nell’arcipelago da Daoxuan Lushi (702-760) e passarono attraverso il monaco giapponese Gyoho al tendai, una delle maggiori scuole buddhiste giapponesi caratterizzata da una forte tendenza al sincretismo. All’interno del tendai si era andata sviluppando una corrente che fu successivamente definita come “scuola di Bodhidharma” (in giapponese Darumashu), promossa dal monaco Dainichi, i cui seguaci avrebbero poi alimentato le correnti dello zen propriamente detto.
Fu solo però durante il periodo Kamakura (1185-1333) che lo zen si attestò in Giappone.
Il monaco Myoan Eisai portò dalla Cina il linji (in giapponese rinzai).
Nel 1227 Eihei Dogen , riconoscendo in Tiantong Rujing (grande riformatore della scuola caodong) il proprio maestro, ne trasmise gli insegnamenti.