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Buddhismo e monaci

Fu forse dalla Birmania, primo paese del Sud-est asiatico a essere raggiunto dal budhhismo, che giunsero i primi missionari in Thailandia e lì propagarono la dottrina tra le genti Mon di Dvaravati. Assieme al theravada si diffusero nel paese anche molte altre forme di budhhismo, tra le quali quella mahayana venne favorita in alcuni momenti durante il periodo di occupazione Khmer (X-XIII secolo).

La conquista dell’intero paese al theravada fu più incisiva a partire dalla fine del XIII secolo, quando la dottrina buddhista venne accolta ufficialmente dal re Rama kamhaeng, che si impegnò con zelo nella diffusione della religione, e quando suo nipote , il re Lu Thai, invitò alcuni dotti monaci singalesi per stabilire le regole dell’ordinazione monastica e organizzare la chiesa buddhista secondo la tradizione del Mahavihara dello Sri Lanka.

Il consolidamento del buddhismo proseguì durante il regno di Ayutthaya (1350-1767) e altre riforme avvennero durante il regno di Mongkut (1851-1868), che era stato monaco per trent’anni prima di salire al trono e che mise in atto un programma di riforma della vita monastica ispirato a una rigida disciplina.

Oggi, così come viene praticato, il buddhismo thailandese non coincide con il buddhismo puro, ma include una serie di pratiche animiste precedenti, come la credenza nelle forze soprannaturali imperscrutabili.

In Thailandia è considerato assai meritorio intraprendere il monacato (buat pra), e per circa il 50 per cento dei giovani uomini è usanza fare questo passo per un minimo di tre mesi durante la Quaresima buddista. Si potrebbe definirlo un rito di passaggio e di solito ha luogo quando i ragazzi ritornano dagli studi all’estero e prima di sposarsi; così facendo acquisiscono merito non solo per se stessi, ma anche per i loro genitori o benefattori. Altri, incluse persone di alto rango, possono trascorrere del tempo in un monastero, come l’ex primo ministro Thanom Kittikachorn, quando ritornò dall’esilio nel 1976.

Rifuggire il male significa percorrere la Via di Mezzo tra un’esistenza caratterizzata da un estremo ascetismo e una vita contraddistinta invece dal vizio. La condotta di ciascun individuo dovrebbe essere governata dai Cinque Precetti di base del buddismo:

Astenersi dall’uccidere

Astenersi dal prendere ciò che non ci è dato

Astenersi da una condotta sessuale irresponsabile

Astenersi da un linguaggio falso o offensivo

Astenersi dall’assumere bevande alcoliche e droghe offuscano la mente

Oltre a offrire una giuda morale, il buddismo ha anche un importante ruolo sociale: nei villaggi e nelle città sparsi per tutto il paese, il tempio è il fulcro della vita comunitaria. Festività e fiere hanno luogo sui terreni del tempio ed è abbastanza normale per l’intero villaggio affluirvi in massa per una cerimonia di ordinazione. Un tempo i gruppi monastici erano le uniche organizzazioni che fornissero un servizio scolastico, laico oltre che religioso, ai soli uomini. In alcune aree questo ruolo educativo permane. Un’altra influenza è rappresentata dall’utilizzo del calendario buddista parallelamente a quello gregoriano: il primo è di 543 anni in anticipo rispetto al secondo.

Al mattino è frequente incontrare per le strade una processione di monaci vestiti delle loro tuniche giallo zafferano con le ciotole per l’elemosina.

La gente offre loro del cibo che deve essere mangiato prima di mezzogiorno: per il resto della giornata digiunano. L’abbigliamento del monaco è costituito da tre capi in cotone color zafferano. Uno è indossato come un sarong, il secondo viene portato sulla spalla e il terzo avvolge completamente il corpo.

I monaci trascorrono parte della loro giornata a meditare o immersi nello studio delle scritture buddiste; molti di loro sono anche impegnati nella vita della comunità come insegnanti e consulenti, e presiedono si funerali e alle altre cerimonie. Quando viene avviata una nuova attività commerciale o c’è un avvenimento speciale da celebrare, è prassi che i monaci vi presenzino. L’abate del monastero è responsabile di qualunque cosa vi accada e viene normalmente tenuto in alta considerazione dalla comunità locale. Anche per la donna è possibile diventare monaca, il che implica doversi rasare il capo e indossare una veste bianca, e non l’indumento giallo dei monaci.

Anche se può prendere i voti, una donna non gode della stessa considerazione dei monaci; nella sala ganprein ( aula delle riunioni), non le è consentito sedersi sulla pedana insieme a loro , ma deve rimanere con i laici.

Come per le laiche, anche le monache non possono toccare un monaco o le sue vesti o offrirgli alcunché direttamente.